Apparenze e profondità

APPARENZE E PROFONDITA’

di Francesco Mongera

“Grandi novità” urbanistiche a Prijedor. Hanno abbattuto una vecchia casetta nella piazza centrale, fino a poco prima c’era un bar con immancabili divani in pelle e turbofolk. Ora lì restano calcinacci recintati: sono curioso di sapere se un luogo così centrale verrà valorizzato o meno. Ma era una piccola casetta, passa inosservata di fronte all’apertura, tanto attesa dai cittadini, del quarto (o quinto?) centro commerciale, sempre più vicino al centro, tristemente uguali agli altri. Una breve ricognizione nei grandi negozi pre-esistenti e li trovi desolatamente vuoti, segno – cerco di spiegare a me stesso – che se la gente non riesce ad aumentare il proprio potere d’acquisto non fa altro che spostarsi verso il posto più centrale, più nuovo. Non fa altro che spostare la poca ricchezza. Spero di sbagliarmi, che il nuovo centro commerciale sia più frequentato solo perchè l’aria condizionata funziona meglio e perchè è vicino all’altra grande novità dell’estate 2011, la piscina aperta, alla quale, si dice, ne seguirà una chiusa per l’inverno. Presa d’assalto da gente di tutte le età in questi giorni di canicola, non regge comunque il confronto con le rive del fiume, la riviera di Prijedor. Famiglie intere e gruppi di amici, tutti accampati sulle spiaggette, sui prati, tutti a mollo in quell’acqua che sembra immobile, alcuni a fare spola con i bar vicini, altri organizzatissimi con frigo-bar, lettini, tende, ecc. La voglia di acqua, di estate, contagia e invade tutta la città. Cammini per il centro e sembra di essere sulla costa: infradito, costume e asciugamano è l’abbigliamento più per le vie del centro, che la direzione sia la piscina o il fiume.

La voglia di mare, non solo di acqua, contagia anche noi. E allora ti trovi a pranzo in un nuovo ristorante aperto da poco nella città vecchia, ristorante che si dice sia una cosa seria, non come quei locali che aprono nuovi di zecca per chiudere nel giro di pochi mesi. Ti trovi lì, dici che vorresti fare un salto in Croazia nel finesettimana e nel giro di mezz’ora e due telefonate fatte dal cameriere ti ritrovi a parlare con una persona fino ad allora sconosciuta che guarda caso ha una stanza da affittare, proprio sulla costa. Al di là dei discorsi sulla stanza, una persona con cui parlare francamente. Una persona nata all’estero da genitori di Prijedor, riportata in patria quando ancora la patria era una per tutti, senza (apparenti?) distinzioni di nazionalità. Una persona che viveva nella città vecchia, quella stessa parte di città che ora non esiste più, solo case anonime di mattoni senza intonaco, per lo più ricostruite e lasciate senza inquilini. Come la sua, nella quale non vive da ormai quasi vent’anni. Mi racconta com’era la città, mi racconta di Berek, del campo da calcio della seconda squadra di Prijedor, dove fra qualche giorno ci sarà un concerto a quanto dice bello, mi racconta del ristorante sulla via pedonale dove si mangiano i migliori cevapi di Prijedor, con le foto alle pareti della vecchia “stari grad”. Posti nei quali non sono mai stato, e dei quali non ho mai sentito parlare. Forse è solo una questione di gusti di chi racconta, chissà.

E avanti con le chiacchiere, sempre più dense: la sua visione della realtà di Prijedor oggi con gli occhi di chi l’ha vissuta e l’ha persa, di chi ha vissuto da allora molti altri posti e vede le dinamiche cittadine attuali con occhi di persona del mondo, che non si definisce ma sente la gente di qui definirsi ancora troppo spesso come gli uni o gli altri, spesso in contrapposizione. Torna solo per sbrigare faccende della casa, ormai è grande e i genitori anziani, ma non torna volentieri. Nonostante la piscina, i centri commerciali, gli altri piccoli-grandi cambianti di look della città, non torna volentieri in un posto dove al di là delle apparenze molto poco sembra muoversi. Anzi, tutto sembra perpetrarsi, in un circolo vizioso.

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